Content was king

Come sfruttare al meglio la long tail degli investimenti delle majors: il caso Netflix.

Chiunque pensi di lanciare una nuova piattaforma distributiva deve avere bene in mente la celebre frase pronunciata da Bill Gates nel 1996: “Content is king”. Il successo di qualunque nuova forma distributiva non può prescindere dal contenuto di qualità.

Lo sanno bene le case di produzione cinematografica quanto sia difficile produrre un film che abbia successo: non esiste infatti alcuna relazione diretta tra budget speso per la realizzazione di un titolo e successo al botteghino. Oltre alle spese di produzione vi sono poi enormi costi di marketing che servono per invogliare il pubblico a recarsi al cinema.

Per questo motivo i produttori di film devono tutelare al massimo i propri titoli di punta e hanno creato un mercato molto complesso di distribuzione dei loro prodotti. I film vengono distribuiti secondo una precisa matrice multidimensionale che tiene conto del tempo trascorso dalla prima pubblicazione, delle modalità di visone del contenuto e del modello di business nei confronti dell’utente finale.

Limitare la disponibilità di un film rappresenta per gli “Studios” un modo per massimizzare ogni singola pubblicazione ma per il consumatore finale rappresenta un ostacolo alla fruizione. Quante volte ci è capitato di trovare il tempo per andare a vedere un film al cinema solo quando il titolo non era più nelle sale?

Anche le politiche commerciali verso i distributori risentono di questa esigenza di massimizzazione: i costi sono molto elevati sia in termini economici che gestionali per la gestione delle finestre temporali e di eventuali holdback.

Per questo motivo storicamente tutti i broadcaster hanno integrato la distribuzione di contenuti cinema con contenuti di produzione propria. Ovviamente la qualità dei piccoli broadcaster non è mai stata minimamente paragonabile a quella delle grandi case di produzione cinematografiche.

Negli ultimi anni qualcosa sta però cambiando. Nel mercato sono entrati player dalle dimensioni infinitamente più grandi delle reti televisive nazionali e, dopo aver conquistato una fetta rilevante di mercato, hanno iniziato a produrre contenuti di qualità. Questi non solo dispongono di un budget rilevante per la produzione di contenuti ma sanno già cosa vuole il consumatore.

Per una major il primo riscontro con il pubblico è il botteghino del cinema alle prime proiezioni. Netflix e Amazon invece sanno esattamente cosa cercano i propri utenti. Grazie a queste informazioni possono anticipare le tendenze e produrre o acquisire quello che cercano gli spettatori.

Potenti recommendation engine sono in grado di capire cosa vogliono gli spettatori, fornendo un feedback immediato sia alla piattaforma sia al cliente. Nella maggior parte dei casi l’utente di Netflix che sta cercando un film famoso non lo troverà disponibile ma troverà una miriade di contenuti attinenti. Questi algoritmi sono in grado di catalogare tutti i media con una granularità impressionante (non si limitano alle classiche categorie) ma anche di clusterizzare i clienti permettendo di trovare il contenuto più attinente in base alla ricerca ed in base alle preferenze del cliente.

Grazie a questi motori di ricerca intelligenti le piattaforme distributive da un lato imparano a conoscere meglio i propri utenti, dall’altro sfruttano long tail degli investimenti marketing fatti dagli studios lasciata nella memoria dei consumatori.

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