Cosa sono i “diritti wireless”?

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Con l’inizio del nuovo millennio abbiamo visto emergere nelle pratiche commerciali una nuova categoria di diritti, chiamati “mobili” o “wireless”: a Cosa ci si riferisce? esistono davvero?

L’interpretazione letterale suggerita dalla traduzione dalla lingua inglese richiama l’assenza di un filo di collegamento.

 Purtroppo la sola assenza di fili di collegamento per la trasmissione del contenuto non è sufficiente a definire una fattispecie autonoma: dovremmo ricomprendervi infatti anche la radio e la televisione, non riuscendo quindi a definire una nuova categoria autonoma di diritti.

 Nemmeno provando a dare una connotazione più ampia al significato “senza filo” riusciamo nel nostro intento: potremmo infatti presumere che “wireless” sia riferito ad un prevalente utilizzo dei contenuti in mobilità. Anche in questo caso ci troveremmo nella difficoltà di escludere da questa definizione internet:  la caratteristica peculiare della rete internet è che permette a chiunque di accedere alle informazioni ovunque. Posso scaricare un contenuto da casa, dall’ufficio, da un internet caffè all’estero o dal mio cellulare gsm, gprs, umts, LTE o wifi.

  Inoltre un concetto generico come “utilizzo prevalente” si presta a differenti interpretazioni ed è mutevole nel tempo: basti pensare alla radio che, prima degli anni ’50, era ascoltata solo tra le mura domestiche mentre oggi la ascoltiamo ovunque.

Negli anni 50 infatti, grazie alle caratteristiche di leggerezza e basso consumo della tecnologia a transistor, le radio OM/AM/FM hanno iniziato ad essere utilizzate in mobilità. In questo caso i produttori di contenuti non hanno richiesto alle emittenti né licenze né corrispettivi aggiuntivi. Questa tecnologia di diffusione della musica si è rivelata vincente e ad oggi, nonostante la forte spinta innovativa, non è ancora stata completamente sostituita dalle tecnologie digitali. Possiamo ascoltare lo stesso brano musicale trasmesso da una stazione radio sul nostro impianto di casa, in auto, con una minuscola radio portatile o sul nostro smartphone dotato di sintonizzatore FM.

  Nemmeno il dato normativo ci aiuta a dare una definizione: non troviamo chiarimenti nella legge sul diritto d’autore (LDA) che all’articolo 16 prevede il diritto esclusivo di comunicazione al pubblico con  mezzi di diffusione a distanza su filo o senza filo.

  Anche il recente Decreto Legislativo 9 gennaio 2008, n. 9 evita di fare riferimento ai “diritti wireless” e si limita ad indicare distinzioni in base alla “piattaforma tecnologica”, definita come sistema di distribuzione e di diffusione dei prodotti audiovisivi mediante tecnologie e mezzi di trasmissione e di ricezione delle immagini, sia in chiaro che ad accesso condizionato, anche a pagamento, su reti di comunicazione elettronica. La definizione è tanto generica da lasciare alle parti l’onere di delimitare i confini.

  Come individuare quindi il “diritto wireless” se non riusciamo a definirlo?

Nella pratica contrattuale gli operatori del settore hanno associato il concetto di “wireless” alle tecnologie di telefonia mobile. Per delineare il perimetro sono stati utilizzati differenti criteri concettuali che non hanno fatto altro che porre delle limitazioni ai diritti di sfruttamento economico.

 In particolare gli operatori hanno circoscritto il diritto facendo riferimento ad aspetti tecnologici, all’ampiezza del diritto ceduto o al tipo di offerta rivolta al cliente.

 In merito all’aspetto tecnologico nei contratti si possono trovare limitazioni inerenti le modalità di consegna del contenuto (via cavo – wireless – supporto fisico). Ogni categoria può poi essere ulteriormente limitata in base al protocollo utilizzato per lo scambio dei dati o al tipo di ricevitore utilizzato per fruire i contenuti.

 Inoltre vengono utilizzati spesso criteri di delimitazione basati sui rapporti commerciali tra il fornitore di contenuti e il cliente (in chiaro, ad accesso condizionato, ad abbonamento temporale, ad evento) o in base a tipo di fruizione (on demand, near on demand, canali televisivi lineari)

 Tutti questi criteri servono però solo ed esclusivamente a limitare contrattualmente l’ampiezza del diritto ceduto e non individuano un criterio efficace per definire i diritti wireless come categoria autonoma.

  Seguendo questa impostazione viene lasciata alle parti la piena libertà di decidere come veicolare i contenuti e con quali limitazioni. Un utilizzo in mobilità potrebbe quindi essere già ricompreso in una licenza concessa in un periodo precedente persino all’invenzione della telefonia mobile.

  Per capire se in un contratto vi possano essere ricomprese tecnologie non ancora note bisogna necessariamente fare riferimento alla LDA: l’articolo 16 prevede il diritto esclusivo di comunicazione al pubblico con l’impiego di mezzi di diffusione a distanza, includendo sia le modalità di comunicazione su filo che senza filo. In questa norma, come in tutto il capo III della LDA che lo contiene,  il legislatore concentra l’attenzione sulle facoltà dell’autore senza entrare nel merito delle modalità tecniche di veicolazione dei contenuti stessi.

  La distribuzione di un contenuto potrebbe infatti avvenire nelle stesse modalità e alle stesse condizioni economiche di vendita sia su cavo che via etere.

  Come dedurre quindi la possibilità di diffusione via “wireless” da un contratto in cui non sia specificamente menzionata?

 La stessa LDA differenzia i diritti concessi al distributore:
Per quanto riguarda l’utilizzazione economica delle opere, ai sensi degli articoli 12 – 19 vengono riconosciuti agli autori i diritti esclusivi di:

  • pubblicare l’opera
  • riprodurre (moltiplicazione di copie)
  • trascrivere (trasformare l’opera orale in opera scritta)
  • eseguire, rappresentare o recitare in pubblico dell’opera
  • comunicare al pubblico su filo o senza filo
  • distribuire (messa in commercio o in circolazione o a disposizione)
  • tradurre le opere in altra lingua
  • elaborare (modificazione, elaborazione e trasformazione)
  • noleggiare e di dare in prestito

  Per tornare all’esempio del film, se il titolare ha concesso esclusivamente il diritto di diffusione e di riproduzione delle copie ma non ha il diritto di elaborare, significa che non potrà cedere i diritti ad una emittente televisiva. L’adattamento richiesto per poter trasmettere una pellicola destinata alle sale cinematografiche comporta necessariamente una modificazione del contenuto originale che deve essere autorizzato esplicitamente.

  Un altro criterio per delimitare il campo di azione del diritto concesso risiede inoltre nella causa del contratto. Secondo la dottrina maggioritaria la causa del contratto è la funzione economico sociale che le parti vogliono conseguire.

 Se il licenziatario ha acquistato il diritto di comunicare al pubblico un film dietro il pagamento di un corrispettivo non potrà distribuirlo ad un’emittente televisiva in chiaro.

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