Quale futuro per le Telco in Italia?

Consumi in crescita, prezzi sottocosto e consumatori infuriati. Ma forse esiste una via di uscita.

Il mercato delle TLC in Italia ha una caratteristica unica: a fronte di un incremento esponenziale dei consumi registra da svariati anni un calo significativo dei fatturati.

Come è possibile vedere una crescita così importante associata ad un calo così importante di ricavi?

Da anni è in corso nel nostro paese una guerra dei prezzi all’ultimo sangue tra i principali operatori Telco del settore che ha portato i prezzi al consumo sotto i livelli minimi di sostenibilità. Si tratta infatti di un mercato dominato da voci importanti di costo. E’ innanzitutto un settore ad alto tasso di innovazione tecnologica: in pochi anni gli operatori hanno dovuto investire milioni e milioni di Euro per poter stare al passo con l’evoluzione tecnologica: dal TAC all’Etacs, al GSM,  al GPRS, Edge, Umts, Lte e a breve il 5G.

Uno dei fattori di costo più importante in un operatore mobile è infatti la rete, e cioè tutti le stazioni radio base con rispettive voci di costo, dal canone di affitto alla manutenzione di apparati hardware e software.

A questi costi vanno aggiunti quelli per la rete vendita: in Italia per l’attivazione di una nuova utenza è necessaria una procedura manuale di riconoscimento del cliente e di validazione dei suoi documenti, obbligando gli operatori ad avere diversi punti vendita sul territorio . Oltre a questo vanno considerati i costi per le licenze di trasmissione, i dipendenti ed i call center.

Basta fare due conti per capire come ad un prezzo medio di 10 Euro (per chiamate illimitate e 10 o 20 Gigabyte a seconda dell’operatore) stiamo usufruendo di offerte sottocosto. Un rapido confronto con i prezzi degli operatori mobili all’estero non può che confermare quanto la telefonia mobile sia conveniente in Italia.

La guerra di prezzi ha creato un grande scontento nel mercato: da una parte gli operatori che si inventano i modi più bizzarri per poter recuperare marginalità: dalla fatturazione a 28 giorni, ai VAS non desiderati, agli addebiti per servizi inutili non richiesti alle rimodulazioni unilaterali.

Dall’altra parte i consumatori continuano a scappare da queste azioni di guerrilla, invogliati anche dalle offerte al ribasso fatte dai competitor (cosiddette winback).

A questo scenario si aggiunge l’imminente ingresso degli operatori low cost Iliad e  Kena Mobile, mvno  di TIM.

Gli operatori in questi anni non sono stati fermi: hanno cercato in tutti i modi nuove fonti di ricavo. Dalla videochiamata al videogol, dalla TV mobile ai portali di contenuti e servizi, dagli MMS ai call center video, dalle community ai servizi per adulti.

Tutti questi tentativi sono stati vanificati dall’ingresso nel mercato dei c.d. OTT (over the top): giocatori fuoriclasse che non solo non sono appesantiti dalle gigantesche strutture di costo della rete, ma che possono attingere ad un panel enormemente superiore a quello di un singolo operatore e che sopratutto non devono sottostare alle rigide normative Italiane ed Europee.

Gli OTT non solo hanno creato quote di mercato importanti in settori estranei alla telefonia  (vedi Uber, Airb&B ecc..) ma sono riusciti a spodestare gli operatori dei servizi di comunicazioni tradizionali, come gli sms con Whattsapp.

Gli OTT hanno relegato gli operatori di telefonia mobile ad un ruolo di secondo piano, costringendoli a ridursi ad un mero service di trasporto dati, privandoli delle fonti di ricavo aggiuntive che potevano sostenere offerte di base così vantaggiose.

Gli operatori telefonici hanno sempre avuto un rapporto conflittuale con gli Over the top: da un lato additandoli come responsabili per i propri cali di fatturato, dall’altro cercando di stringere improbabili alleanze. Per il privilegio di abbinare la propria offerta telefonica ad un contenuto OTT gli operatori si sono impegnati a pagare faraonici minimi garantiti e ad effettuare imponenti  campagne pubblicitarie con l’unico risultato positivo di arrecare beneficio ai bilanci degli OTT. Ad esempio pensiamo a Wind con Napster e Wuaki TV ma anche Vodafone con Spotify e Wind3 con Netflix.

La via d’uscita però è a mio avviso più complessa e prevede lo sfruttamento di una funzionalità molto potente in mano all’operatore mobile: l’SMS.

Tutti gli OTT che necessitano di un account verificato sfruttano l’ampia diffusione delle linee mobili per verificare ogni nuovo utente, inviando un codice temporaneo (OTP) da inserire nell’applicazione o nella pagina web. Semplice ed economico, visto che probabilmente l’OTT avrà acquistato gli SMS in quantità bulk pagandoli poco più del loro costo effettivo di terminazione.

Per pochi spiccioli l’ OTT si porta a casa i seguenti servizi:

  1. Scambio di password temporanea su rete sicura e criptata dell’operatore: basti pensare che anche le banche utilizzano questo strumento per validare i movimenti di denaro. Senza la sicurezza della rete chiunque potrebbe entrare nel nostro account Whattsapp e leggere tutti i contenuti.
  2. Certificazione dell’utente: gli operatori telefonici sono obbligati ad effettuare il riconoscimento del cliente e a tenerne un’anagrafica completa con i documenti. Per qualsiasi OTT basta quindi avere un numero di telefono come garanzia di non essere di fronte ad un account “fake” , essendo possibile in qualunque momento risalire alla sua anagrafica.
  3. Relazioni con le autorità giudiziarie: in caso di attività illecite commesse da un utente, l’OTT si limiterà a fornire all’Autorità Giudiziaria il numero di telefono. Spetterà poi all’operatore telefonico risalire all’anagrafica e gestire i rapporti con la magistratura. In assenza di un riferimento telefonico l’alternativa è fornire tutti i log di accesso con relativi indirizzi IP e tentare di rintracciarne la provenienza con i vari Internet Service Providers.

Alla luce di questo scenario è chiaro come un operatore telefonico non stia fornendo solo una rete stupida ma stia svendendo un servizio paragonabile a quello di un notaio nonché stia esponendo gratuitamente i propri protocolli di sicurezza a terze parti.

L’SMS nasce infatti come strumento di comunicazione tra persone e non come strumento di autenticazione o di controllo remoto a distanza (pensiamo anche ad applicazioni  IOT, internet delle cose, dove con un sms controlliamo la temperatura del termostato di casa).

Gli operatori devono correre subito ai ripari, a breve infatti la tecnologia blockchain applicata alle identità renderà inutile anche questa ultima importante funzionalità della rete telefonica mobile.

 

 

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